28 gennaio 2014 – La Commissione europea ha svelato la settimana scorsa il nuovo pacchetto di obiettivi e interventi per la lotta ai cambiamenti climatici. Di fatto, se approvato anche dal Parlamento europeo, sarà il punto di riferimento per le politiche energetiche nell’Unione europea.
Che cosa stabilisce il nuovo “pacchetto clima”? Che i Paesi aderenti dovranno ridurre le emissioni di gas serra del 40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. Inoltre, è stato stabilito anche un target di generazione di energia da fonti rinnovabili, che dovrà essere pari ad “almeno” il 27% dei consumi finali di energia. L’impegno è vincolante a livello europeo, ma non a livello nazionale. La Commissione ha voluto lasciare ai governi “margini di solvibilità”.
Il “pacchetto” è positivo? «Per l’ambiente in generale sì, per il settore delle energie rinnovabili no», risponde Fabrizio Barini, analista di Websim e membro del gruppo di lavoro Finanza – Kyoto Club. Vediamo perché.
«L’obiettivo del calo del 40% delle emissioni di C02 entro il 2030 è molto stringente e visto che sono le emissioni a causare il cambiamento climatico dal punto di vista dell’ambiente è positivo, non si tratta affatto di un passo indietro. Tanto che anche le Nazioni Unite considerano l’Europa un esempio da seguire (“La Ue ha posto uno standard che tutti dovrebbero seguire”, ha dichiarato il segretario generale Ban Ki Moon al Forum di Davos la scorsa settimana, ndr)».
Bruxelles ha posto un obiettivo di riduzioni, ma non avendo posto un ulteriore obiettivo nazionale di quota di rinnovabili ha lasciato che siano di fatto i singoli Stati a decidere come raggiungerlo, per esempio riducendo il consumo di energia, attraverso l’efficienza energetica delle costruzioni, le reti intelligenti e l’uso delle auto elettriche.
«Il punto più controverso della comunicazione della Commissione europea relativamente al nuovo quadro europeo in materia di clima ed energia per il 2030 – commenta Barini – è senza dubbio la mancanza di obiettivi vincolanti a livello nazionale nel campo dall’uso di energia prodotta da fonti rinnovabili, rispetto all’obiettivo europeo di almeno il 27% entro il 2030. Reazioni negative sono arrivare dalle associazioni di categoria europee delle rinnovabili, tra questi la Ewea (filiera industria eolica) e l’Epia (industria fotovoltaica), come quella italiana (Assorinnovabili). La mancanza di target nazionali rappresenta un elemento di incertezza per tutti coloro che pensano a investire in un settore già duramente colpito dl taglio/blocco degli incentivi in Paesi come Germania, Francia, Italia e Regno Unito e che nel 2013 ha visto calare gli investimenti del 41% a 58 miliardi di euro. Il pacchetto porterà a una riduzione degli incentivi alle energie rinnovabili nel medio termine. Il processo di contenimento delle sovvenzioni alle rinnovabili è in corso in diversi Paesi, ma potrebbe così subire un’accelerazione. In Spagna si è intervenuti con il taglio retroattivo a causa del problema del tariff deficit mentre Germania, Gran Bretagna e Italia hanno effettuato consistenti tagli sui contributi alla nuova capacità che dovrebbero scongiurare tagli retroattivi».
Il cambiamento si è già fatto sentire a livello industriale. Nel Regno Unito, per esempio, sono già stati abbandonati importanti progetti nell’eolico off shore da parte di RWE e Scottish Power mentre molti altri potrebbero non vedere la luce.
Il premier britannico è stato uno dei maggiori sostenitori dell’eliminazione del vincolo “nazionale” all’uso delle rinnovabili. In una lettera inviata a dicembre al presidente della Commissione europea Barroso, David Cameron ha sostenuto che target nazionali per l’uso delle rinnovabili sarebbe costato ai cittadini inglesi 9 miliardi di sterline (11 miliardi di euro) all’anno sino al 2030 (in Italia il costo a regime sarà di circa 14 miliardi di euro all’anno). Per il premier britannico l’assenza di target vincolanti consentirà al Regno Unito di sviluppare altre tecnologie, come il nucleare, stoccaggio della CO2, efficienza energetica, per raggiungere gli obiettivi di riduzione della C02, senza aumentare il costo dell’energia.
Che cosa ne sarà del progresso degli impianti di energia rinnovabile con questa nuova politica? «La tecnologia e gli investimenti in efficienza degli impianti andrà avanti lo stesso – risponde Barini – . Gli investimenti saranno guidati dalla domanda fuori dall’Europa e proveniente da Usa, America Latina e Cina. Il progresso tecnologico avvicina il momento in cui una tecnologia rinnovabile sarà economicamente realizzabile senza la necessità di incentivazione favorendo comunque gli investimenti nel settore».
Fausta Chiesa
A cura di ETicaNews