18 settembre 2014 – Si parla sempre di più di green bond, delle loro qualità, del tasso di crescita delle emissioni di titoli “verdi”, della nascita di benchmark e di fondi comuni di investimento dedicati a questa particolare asset class di tipo obbligazionario. Ma come si stanno comportando alla prova dei mercati? La loro giovane età e la novità stessa che rappresentano, li penalizza rispetto alle normali obbligazioni con le stesse caratteristiche tecniche? La risposta arriva da uno studio firmato M&G Investments: esaminando alcuni esempi di emittenti societari di obbligazioni verdi (vedi tabella sotto), emerge che il prezzo dei green bond sul mercato secondario sia in linea con quello di altre emissioni “non verdi”. Un risultato definito da Vladimir Jovkovic, credit research in M&G, “ragionevole” in base alla struttura che caratterizza le emissioni di queste obbligazioni nate con lo scopo di a raccogliere capitali da investire in progetti destinati a produrre vantaggi ambientali.
In effetti, sottolinea Jovkovic, una delle caratteristiche strutturali dei green bond consiste nell’essere spesso emessi a margine di programmi esistenti di emissione di titoli in euro a medio e lungo termine (EMTN) e garantiti dalla società capogruppo: «I flussi di cassa per il servizio del debito derivano dall’emittente, il che implica la possibilità di attingere ai flussi di cassa complessivi della società, e non solo del progetto finanziato specifico. Non sorprende, quindi, che il merito di credito di queste obbligazioni sia in linea con quello degli altri titoli dello stesso emittente».
Tutto bene quindi? Non proprio. Esistono diverse zone d’ombra. Prendiamo proprio il fatto che di essere spesso emessi insieme ad altri programmi di emissioni della società che li lancia. Ebbene, questa impostazione comporta un problema: all’interno dei conti della società stessa, gli investitori non sono in grado di identificare i flussi di cassa derivanti dal progetto sottostante rispetto a quelli delle emissioni per così dire generaliste, ovvero senza etichetta “green”. Gli emittenti di obbligazioni societarie spesso classificano l’uso dei proventi alla voce “finalità societarie generali”, che in genere dice poco agli investitori su come e dove tali fondi saranno utilizzati.
Che esistono zone d’ombra non deve però stupire. Stiamo parlando di un mondo, quelle delle obbligazioni verdi, ancora molto giovane. E come ricorda Jovkovic, se in origine le obbligazioni verdi erano appannaggio quasi esclusivo di emittenti sovranazionali (come la Banca Europea per gli Investimenti, la Banca Mondiale e la Banca Europea per la Costruzione e lo Sviluppo), oggi gli emittenti finanziari e societari attingono sempre più spesso a questa nuova fonte di finanziamento. E’ insomma un mondo in viaggio. Un viaggio appena partito ma con una meta nobile che speriamo non venga persa di vista lungo la strada. La finanza, si sa, può fare brutti scherzi se usata male.
Per ora ce n’è già abbastanza per essere ottimisti. Da M&G Investments sottolineano che quella delle obbligazioni verdi di tipo societario, in quanto asset class nascente, è un’area brulicante di primati: «Nell’ottobre del 2012, l’azienda di gas industriali Air Liquide si è autodefinita la “prima società privata a emettere obbligazioni corrispondenti ai criteri degli investitori socialmente responsabili (Sri)”. Questo titolo è antecedente ai Principi dei green bond e, tecnicamente, forse non è neanche un’obbligazione verde, ma merita una menzione essendo stato “collocato in prevalenza presso emittenti con mandato di Investitori socialmente responsabili”. Da allora, abbiamo visto l’utility francese EDF annunciare a novembre 2013 “l’emissione del primo green bond societario”, anche se questo stesso record potrebbe essere rivendicato (questione di un paio di giorni) dall’impresa immobiliare svedese Vasakronan. Più di recente, a marzo 2014, l’azienda di beni di consumo Unilever ha dichiarato che “il titolo di sostenibilità verde Unilever è il primo green bond sul mercato della sterlina, oltre che il primo emesso da una società del settore dei beni di largo consumo”.»
Senza dimenticare, il primo green bond italiano per mano di Hera. Anche in Italia le obbligazioni verdi stanno lanciando i primi vagiti. Non resta che creare il mercato, domanda e offerta. Purché sostenibili e trasparenti.
Fabrizio Guidoni
A cura di ETicaNews