28 marzo 2013 – «Una scuola senza integrazione non riesce a insegnare tutto quello che potrebbe, né ai bambini normodotati, né a quelli che non lo sono». È l’ultima tappa del percorso di ET.storiediCsr alla ricerca della sostenibilità e dell’etica nella finanza. L’autore Stefano Montobbio, responsabile Sri di BSI, firma la sua “sintesi circolare” del viaggio, e lo fa impegnandosi nel balzo più lungo: quello delle emozioni della vita di tutti i giorni.
L’analisi si snoda su un parallelo con il sistema scolastico per i bambini. Ci sono fanciulli con «pregi e difetti», qualcuno con capacità superiori a quelle di altri. E c’è un sistema di educazione che può essere efficiente e dare a ognuno il livello più alto in termini di conoscenza e cognizioni.
E poi c’è il mondo della finanza, affrontato-descritto-sviscerato nelle precedenti puntate di ET.storiediCsr, che sceglie i propri investimenti, e giudica quelli più Sri (Socially Responsible Investing ) passando attraverso una complessa matrice di parametri numerici e standard qualitativi comunemente accettati. Anche qui, ci sono sistemi di allocazione e valutazione, nonché soggetti selezionati, che possono offrire il massimo rispetto degli standard e raggiungere i parametri più sostenibili.
Eppure, riflette Montobbio, questi «schemi che semplificano» non bastano. «Manca qualcosa – dice – per rendere giustizia all’ingiustizia».
Ebbene, ci sono scuole splendide, in Svizzera, che prevedono percorsi specifici per i bambini che necessitano di maggiore attenzione. Salvo che questi percorsi rischiano di separarli dagli altri: «La crescita di questi bambini – scrive l’autore – perde un po’ l’aspetto umano e sociale […] Una scuola senza integrazione non riesce a insegnare tutto quello che potrebbe, né ai bambini normodotati, né a quelli che non lo sono».
Così avviene nella finanza. C’è il rispetto delle normative e c’è il controllo dei rischi. Poi c’è la sostenibilità che allarga lo spettro dell’agire di un’azienda secondo parametri e convenzioni. E poi dentro questa sostenibilità c’è anche qualcosa che si chiama “etica”.
E alla fine, ecco il parallelo che si intreccia. «Così come una scuola senza integrazione – riprende il manager di Bsi – non riesce ad insegnare tutto quello che potrebbe e perde la visione d’insieme del mondo e della sua complessità, così accade in finanza. Un investimento senza sostenibilità non riesce a cogliere la totalità dei rischi e delle opportunità. Senza etica perde ancora un altro pezzo. Alla fine pensiamo occorra integrare tutte le informazioni possibili […]. Integrazione è la parola chiave».
Da finanza a sostenibilità, dunque, poi da sostenibilità a etica. E, ancora, da etica a integrazione. E, da qui, a integrità.
«Integrazione – spiega Montobbio – condivide la radice con integrità». Ma quest’ultimo termine assume connotazioni più intime, più profonde nei valori dell’uomo: «Riguarda la relazione che una persona ha con se stessa. È la ricerca di una coerenza tra le azioni e i valori sottostanti. L’integrità non si ferma al rispetto delle leggi, è qualcosa che va oltre, che travalica i confini legali per entrare nel mondo dell’etica e del comportamento. Integrità significa che sono importanti sia i risultati sia i mezzi con cui sono ottenuti».
Dopo un viaggio che ha tentato di esprimere le ambizioni, le speranze, ma anche i dubbi e le contraddizioni di chi cerca un modello diverso lavorando all’interno della finanza, il messaggio prospettico è forse il più semplice. Ma allo stesso tempo il più dirompente. Per tutelare davvero gli interessi degli investitori, non va dimenticato che «l’integrità è qualcosa che tutti noi cerchiamo. L’integrazione di tematiche di sostenibilità nelle scelte d’investimento è qualcosa che dobbiamo a noi stessi».
A cura di ETicaNews