10 giugno 2013 – Uno scandalo: è la prima parola che viene in mente quando si mettono a confronto i compensi che ricevono alcuni top manager con quelli degli impiegati di più basso livello che lavorano nelle stesse aziende, o anche solo con le retribuzioni medie. Senza contare che talora a questi top manager capita di sommare a retribuzioni faraoniche altrettanto faraonici bonus. O addirittura buonuscite a sei zeri, tali da garantire una serena vecchiaia ad almeno un paio di generazioni, corrisposte in certi casi anche quando l’azienda che lasciano se la passa peggio di quando sono arrivati.

Cose dei tempi addietro, di prima della crisi? No, perché tutto questo continua ad accadere oggi, in tempo di crisi. Di austerity, di inviti alla sobrietà, di epocale contrazione del potere d’acquisto delle famiglie (di quelli che rappresentano il 99%, verrebbe da dire…) e conseguente tracollo dei consumi, di cassa integrazione e di licenziamenti. In poche parole, di fenomeni di impoverimento che stanno progressivamente interessando un po’ tutta l’Italia, anche quelle famiglie che solo fino a un anno o due fa potevano considerarsi al riparo.

Fiba Cisl ha detto basta. Da anni impegnato a denunciare le storture dei mercati finanziari e la necessità ineludibile di una loro profonda riforma, il sindacato Cisl dei bancari ha deciso di lanciare un’iniziativa forte per dire chiaramente che occorre invertire la rotta. Così ha depositato in Cassazione, con primi firmatari il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, e Giulio Romani, neo-segretario generale Fiba, una proposta di legge per porre un limite al tetto delle retribuzioni dei manager.

«I bonus sono lo scandalo degli scandali – ha detto Romani in questi giorni nella sede milanese di Fiba Cisl Lombardia presentando l’iniziativa -, purtroppo dimostrano che per liberarsi di un manager che ha lavorato male si paga». Aggiungendo che, per chi percepisce retribuzioni già elevatissime per la propria attività, «è scarsamente comprensibile che debba percepire liquidazioni iper-milionarie soprattutto quando lascia le aziende nelle condizioni in cui alcuni manager lasciano le aziende che hanno amministrato».

I numeri che la stessa Fiba ha diffuso sulle disuguaglianze retributive, del resto, non lasciano molto spazio ai commenti. Nel 2012, ad esempio, direttori e amministratori delegati dei principali gruppi bancari e assicurativi italiani hanno ricevuto retribuzioni superiori in media di 42 volte alla retribuzione media contrattuale prevista nei rispettivi Ccnl (contratti collettivi nazionali di lavoro). Ma ci sono anche casi in cui la retribuzione dei vertici è stata 108 volte maggiore di quella media. È stato calcolato, per dire, che agli amministratori delegati o direttori generali delle più grandi banche e assicurazioni italiane basterebbe lavorare in media 8 giorni per guadagnare quanto un cittadino italiano (in media) guadagna in un anno…

È in primo luogo a un’esigenza di maggiore equità, allora, e insieme di responsabilizzazione della classe manageriale, che risponde la proposta di legge per un “Tetto massimo delle retribuzioni e bonus del «top manager» di Società per Azioni quotate in Borsa”, che ha ricevuto anche il plauso di altre organizzazioni sindacali del settore. La proposta prevede 8 articoli e si richiama a quanto anche in sede comunitaria, oltre che da Banca d’Italia e Ivass (Istituto per la Vigilanza sulle assicurazioni), è stato proposto per mettere un limite agli eccessivi compensi dei top manager. Ma, evidentemente, senza ancora troppo successo.

Si chiede che per il top management venga fissato un tetto alla retribuzione fissa pari a quello dei manager pubblici (294mila euro). Che la parte variabile della retribuzione non possa superare la parte fissa, cioè sia al massimo in un rapporto di 1:1. E che il rapporto tra la retribuzione massima (dei vertici) e quella media contrattuale non possa essere superiore a 1:20. Si prevede, inoltre, l’eliminazione dei bonus in uscita e delle retribuzioni anticipate.

Particolarmente significativo il fatto che si tratti di una proposta di legge di iniziativa popolare. E che, di conseguenza, sia in partenza l’organizzazione su vastissima scala della raccolta delle firme (l’obiettivo, dice la documentazione sul sito, è di 50mila firme per approdare in Parlamento), con banchetti nelle piazze dove chiunque potrà firmare per dare il proprio sostegno alla proposta. Al grido di “Se firmi li fermi, se non firmi chi li ferma?”, che è lo slogan riportato sui volantini collegati all’iniziativa, in bella evidenza sulla pagina Facebook di Fiba. «Tutta la società civile andrà coinvolta – ha detto Andrea Zoanni, segretario generale Fiba Cisl Lombardia -, anche le altre organizzazioni sindacali». Sul sito di Fiba, ad esempio, insieme a tutta la documentazione sull’iniziativa, c’è anche una guida per chi volesse contribuire ad allestire i banchetti. E iniziative in tal senso sono già partite, in Emilia e in Sardegna. Su Twitter si è anche già scelto l’hashtag #firmafiba, per veicolare in modo virale la chiamata alla firma.

«Sosteniamo l’iniziativa – aveva dichiarato nei giorni scorsi lo stesso leader Cisl, Bonanni – perché è necessario porre fine alla cultura dell’irresponsabilità . Non è possibile che i rubinetti del credito siano chiusi per i cittadini e le imprese mentre quelli per i bonus vengano lasciati aperti».

Altrimenti, tanto per ribadire il concetto, lo scandalo continuerebbe…

Andrea Di Turi

 

A cura di ETicaNews