3 luglio 2013 – Le Linee guida dell’Ocse per le imprese multinazionali, aggiornate l’ultima volta due anni fa, sono uno dei documenti di riferimento a livello internazionale per chi si occupa di responsabilità sociale d’impresa o Csr. È normale, dunque, che si desti l’attenzione quando l’Ocse ha qualcosa da dire o da proporre in tema di Csr.

È quello che è successo a fine giugno quando a Parigi, dove l’Ocse ha sede, si è tenuto il primo Global Forum on Responsible Business Conduct. Una due giorni in cui si sono affrontati e discussi alcuni dei temi più caldi in fatto di Csr. E dove c’era la possibilità di seguire i lavori via web, oltre che grazie a Twitter, anche in diretta streaming. Con i video delle sessioni di lavoro dell’evento di Parigi che si possono rivedere sulle pagine di webcast del sito dedicato.

Con la partecipazione di rappresentanti di governo, uomini d’impresa, sindacati, accademici, Ong e organizzazioni della società civile, i lavori del Forum hanno visto innanzi tutto sul tavolo la tragedia del Rana Plaza a Dacca, in Bangladesh. Non poteva essere altrimenti. Tra l’altro più o meno negli stessi giorni in cui, sull’altra sponda dell’Atlantico, il presidente degli Stati Uniti decideva una sorta di punizione per lo Stato asiatico proprio per via di quei tragici fatti, disponendo la sospensione degli accordi di preferenza commerciale tra Stati Uniti e Bangladesh proprio per il mancato rispetto di standard di lavoro e sicurezza adeguati.

Molteplici e di notevole rilevanza, ovviamente, le implicazioni dei fatti di Dacca in prospettiva Csr. Ad esempio, la questione dei rapporti tra committenti del Nord del mondo e fabbriche e lavoratori del Sud del mondo e, soprattutto, il modo in cui tali rapporti possono (devono?) venire utilizzati per elevare le condizioni di sicurezza e di lavoro e accrescere i diritti dei lavoratori, in primis quelli sindacali. E poi il controllo della supply chain, che da sempre è un tema nevralgico per le multinazionali che intendono operare in modo responsabile e sostenibile il proprio business, soprattutto quelle del settore tessile ma non solo (si pensi a Apple e Foxconn, ad esempio).

Da sottolineare a questo proposito alcuni passaggi dell’intervento con cui Angel Gurría, segretario generale dell’Ocse, ha aperto i lavori del Forum, sottolineando come un modo responsabile di condurre il business sia oggi una delle priorità principali dell’agenda economica a livello globale. E come senza integrità, trasparenza e coinvolgimento degli stakeholder, i mercati non possano funzionare bene. Gurría ha detto che le supply chain articolate su scala globale sono un canale di trasmissione fondamentale del business responsabile. E che è fondamentale che su questi argomenti vi sia un coordinamento fra tutti gli attori in gioco, per arrivare a produrre risposte collettive, com’è successo ad esempio per l’accordo sulla sicurezza e la prevenzione degli incendi in Bangladesh che dopo il Rana Plaza è stato sottoscritto da numerose grandi imprese (Benetton compresa).

Il segretario generale dell’Ocse ha anche messo in evidenza l’importanza, per un’azione globale coordinata che abbia punti di riferimento condivisi, di strumenti come le stesse Guideline dell’Ocse e come i Guiding Principles for business and Human Rights promossi dalle Nazioni nel 2011. Ma affinché tragedie come quelle del Rana Plaza non si ripetano, occorre fare ancora di più ed è per questo che l’Ocse ha proseguito anche negli ultimi anni, con processi multi-stakeholder, nella definizione di documenti e linee guida su svariati altri ambiti, come la tax avoidance.

Spesso, però, documenti di grande spessore e linee guida anche illuminate rischiano di rimanere lettera morta se non c’è un’efficace azione capace di renderli attuabili. Accade per le organizzazioni sovranazionali come nelle imprese. Ecco perché nella due giorni di Parigi ci si è concentrati anche sui meccanismi per l’implementazione delle stesse Guideline Ocse e sul ruolo che è chiamata a svolgere la vasta rete dei Punti di Contatto Nazionali per la diffusione delle Guideline Ocse sulla Csr, ovviamente presenti anche in Italia. Si è inoltre puntata la lente sullo sviluppo degli strumenti di reporting della sostenibilità, come il report integrato o le ultime Guideline G4 pubblicate di recente dal GRI-Global Reporting Initiative, sulle quali in effetti ci sono fra gli esperti delle perplessità sulla possibilità che possano venire adottate su larga scala, specie dalle imprese di non grandi dimensioni (e di non grandi risorse da dedicare al reporting di sostenibilità).

A tirare le conclusioni di una due giorni tanto intensa è stato Richard Howitt, rapporteur al Parlamento europeo sulla Csr (molto attivo sul suo account Twitter), che ha riconosciuto come la sola organizzazione di questo primo Forum abbia costituito una pietra miliare, l’inizio di una nuova era. E ha sottolineato come questa nuova era obblighi ad adottare un approccio pro-attivo: non basta più affrontare i problemi che abbiamo davanti a noi, occorre agire in modo coordinato, lavorando insieme, perché i problemi da affrontare siano sempre di meno. Per passare cioè da un’epoca in cui, forse, bastava obbedire al principio del “primo, non nuocere”, a un’epoca in cui c’è l’obbligo di “fare le cose meglio”. Affinché un giorno, specie per chi crede che la Csr sia non un baloccarsi fra illusi benpensanti, ma una cosa molto seria, si possa dire che la tragedia del Rana Plaza ha fissato uno spartiacque: un prima e un dopo, per il Bangladesh e per il mondo intero.

Andrea Di Turi

 

A cura di ETicaNews