25 marzo 2014 – La social responsabily come strumento per incrementare la perfomance di lungo periodo. È il mantra di un fund manager, Ingrid S. Dyott, che gestisce lo Sri/Large cap core equity di Neuberger Berman, tra le maggiori società di investimento indipendenti (cioè controllate dai propri manager) al mondo. Il fondo di Dyott, com’è facilmente comprensibile fin dal nome, adotta criteri Sri come strategia di investimento. «Negli ultimi due decenni – spiega Dyott – abbiamo assistito a un interesse e una sofisticatezza crescenti da parte degli investitori desiderosi di esporsi a strategie che includono criteri ambientali, sociali e di governance nel processo di investimento. Una volta largamente associata con l’allineamento tra valori ed obiettivi di investimento, la corporate social responsibility è ora sempre più vicina all’idea che l’investimento socialmente responsabile possa fare una differenza quantificabile nella ricerca di performance di lungo periodo».
Tanto che gli asset gestiti in modo socialmente responsabile dai fondi degli Stati Uniti, si legge in un’analisi di Neuberger Berman (che vanta un approccio ultra ventennale agli Sri), sono costantemente cresciuti, con masse gestite passate dai 159 miliardi di dollari del 2005 ai 640 miliardi di fine 2011. Non solo, anche nel confronto con i fondi azionari tradizionali, quelli socialmente responsabili sono stati vincenti con flussi in aumento del 33% contro deflussi del 9,5% per i primi, nell’ultimo decennio.
«La storia – riprende Dyott – insegna che si possono ottenere rendimenti competitivi investendo in società che rispondono ai criteri dell’investimento sostenibile. Per esempio, l’analisi dei fondi gestiti attivamente che incorporano criteri ambientali, sociali e di governance mostra che questi hanno conseguito performance superiori del 2, 4% annualizzato rispetto all’indice S&P 500 tra il giugno 2001 e il febbraio 2014. In un periodo attraversato da due crisi di mercato».
I temi della sostenibilità attirano sempre più interesse anche da parte delle aziende che li riconoscono come elementi in grado di creare valore.
«Per esempio – continua il gestore di Neuberger – temi ambientali quali il cambiamento climatico, l’accesso ad acqua pulita e alle materie prime sono elementi cruciali per molte aziende leader. Oggi, più dell’80% delle società Global 500 fa rapporto al Carbon Disclosure Project, una percentuale cresciuta significativamente in 10 anni (erano il 44% nel 2003). L’iniziativa rende note e registra le tendenze legate alle emissioni di gas serra, e gli investimenti per ridurre l’impronta ambientale. Ad oggi, 722 investitori con asset aggregati pari a 87mila miliardi di dollari sostiene questi sforzi».
I CRITERI DI GESTIONE
«Ci focalizziamo – dice Dyott a ETicaNews – su società ben gestite che danno considerevole attenzione ai criteri Esg rilevanti per il proprio business. Il team di gestione è convinto che questo possa aumentare il valore dell’azienda minimizzando i rischi. Combinando una rigorosa analisi finanziaria con fattori ambientali, sociali e di governanace riusciamo a comprendere meglio i rischi e le opportunità che le imprese affrontano e abbiamo una conoscenza più profonda del business. A nostro avviso la responsabilità è il principale segno distintivo della qualità». Tra i criteri di inclusione la fund manager di Neuberger Berman cita le politiche ambientali, quelle sul luogo di lavoro, in particolare favorevoli a donne e minoranze; il rispetto dei diritti umani. Ma anche questioni relative alla catena di approvvigionamento, all’integrità del prodotto e al reporting di sostenibilità.
«Inoltre – continua Dyott – evitiamo società che realizzano prodotti con un impatto negativo sulla salute pubblica. Oltre alle classiche esclusione relative a tabacco, alcol, gioco d’azzardo, armi e energia nucleare. Per ogni candidato a entrare nel portafoglio, il team esegue la propria due diligence indipendente sulla società, servendosi della due diligence integrata». Un lavoro che genera una conoscenza approfondita del modello di business della società, della sua capacità di guadagno, e delle fonti e della sostenibilità dei suoi vantaggi competitivi. «Attravero tutto questo processo – dice ancora Dyott – il team esegue contemporaneamente la ricerca Esg per identificare le società leader nelle politiche del lavoro, nella sensibilità ambientale e nelle relazioni con la comunità. Riteniamo che questo ulteriore livello di due diligenza porti a una comprensione più profonda del business e consenta al team di identificare meglio la qualità».
Laura Magna
A cura di ETicaNews