27 maggio 2014 – Un aumento di 13 piattaforme in sei mesi, da 41 a 54, per un giro d’affari cresciuto di 7 milioni di euro, che porta il totale dei finanziamenti a quota 30 milioni dai 23 dello scorso ottobre. Sono i numeri dell’ultima analisi delle piattaforme italiane di crowdfunding, realizzata da Ivana Pais, dell’Università Cattolica di Milano e Daniela Castrataro, con il supporto dell’Italian Crowdfunding Network di cui Castrataro è presidente. Il report, pubblicato il 20 maggio, conferma la crescita persistente del fenomeno.
Una crescita definita dalle ricercatrici stesse come «furiosa». «Il numero delle piattaforme aumenta in maniera evidente – afferma Castrataro raggiunta da ETicaNews – ma a questa “foga” verso la creazione di nuovi portali non corrisponde un parallelo aumento nella conoscenza del crowdfunding da parte della platea dei potenziali finanziatori». Come sottolineato nello stesso report «con oltre 50 piattaforme presenti sul mercato (e un aumento di quelle inattive), sarebbe forse il caso di fermarsi a riflettere su ciò di cui la “folla” ha davvero bisogno e avviare strategie di integrazione».
Scendendo, infatti, nel territorio dei numeri, l’analisi evidenzia l’esistenza di 41 piattaforme attive e 13 in fase di lancio: si tratta di 13 piattaforme in più rispetto allo scorso ottobre quando erano 41, di cui 27 attive e 14 in fase di lancio.
Dei 54 portali presenti sul mercato, 20 sono reward based, sette donation based, due di social lending e 11 equity based; a questi si aggiungono 14 portali ibridi, ovvero la combinazione tra due forme classiche di crowdfunding. Fuori dalle statistiche si afferma anche la nuova tendenza del Do it Yourself Crowdfunding (DIY) che è la raccolta al di fuori delle piattaforme tradizionali.
Il report evidenzia, inoltre, la novità principale di quest’anno: l’ingresso nel mercato dei nuovi portali di equity, di cui quattro hanno già ottenuto l’autorizzazione Consob (ma solo due sono già operativi) e sette sono ancora in fase di lancio.
UN AUMENTO COSTANTE
Dati alla mano la rivoluzione dei finanziamenti portata avanti dal crowdfunding procede a ritmo sostenuto ma non registra picchi. Infatti, sebbene ci si trovi di fronte a un aumento rilevante, parliamo di oltre il 30% nel semestre e la cifra sfiora il +135% rispetto alla rilevazione di aprile 2013 (quando le piattaforme erano 21 più 2 in fase di lancio), in termini di volumi finanziati la crescita è meno repentina: a ottobre 2013 erano stati raccolti, anno su anno, 11 milioni di euro, che portavano a 23 milioni la raccolta totale del crowdfunding dal 2005 (anno in cui è arrivato in Italia) a oggi. Allo stato attuale la quota dei finanziamenti individuati dallo studio è di 30 milioni, sette in più rispetto all’ultima rilevazione. «Per parlare di crescita importante, a ottobre dell’anno prossimo dovremo aver raggiunto i 15 milioni nell’anno», sottolinea Castrataro, ossia il 36% in più rispetto al 2013, «a questi ritmi, infatti, il valore assoluto non è elevato rispetto al numero di piattaforme». Nel dettaglio, il 77% della raccolta proviene da piattaforme lending based, ed essendo ancora irrilevante il totale raccolto dall’equity, il reward e il donation si spartiscono il restante 23 per cento.
Dai dati raccolti dalle 46 piattaforme che hanno risposto al questionario emerge inoltre come i progetti ricevuti dai portali dal momento del loro lancio siano in totale 48.357, di cui il 79% dalle piattaforme lending based, il 21% dalle piattaforme di reward e donation e solo lo 0.3% dalle nuove piattaforme di equity.
L’INGRESSO DELL’EQUITY
Il fenomeno cresce, dunque, ma non si gonfia e non sconfina nell’anomalia. Anzi, in alcuni casi i numeri sono inferiori alle attese, come in quello dell’equity crowdfunding.
In un momento storico e finanziario in cui le alternative al credito concesso dalle banche si affidano anche alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie, proprio nell’equity crowdfunding si ricerca nuova linfa ma il fenomeno è ancora confinato al territorio della novità e, nonostante il web travalichi i confini, non è ancora in grado di abbattere i muri della burocrazia (e della diffidenza). «È presto per fare considerazioni in merito, possiamo però affermare che c’è molta consapevolezza tra gli operatori ma poca a livello di folla. C’è però una particolarità: il fatto che l’equity crowdfunding sia stato normato ha portato il fenomeno all’attenzione della gente»,
Si sono moltiplicate, infatti, le uscite sui media e le conferenze sul tema, questo ha fatto sì che, anche il resto del mondo del crowdfunding finisse sotto i riflettori, «ma di qui a parlare di un impatto dell’equity sull’imprenditoria è ancora presto».
A supportare questo dato ci pensa la destinazione dei finanziamenti crowd, che per il 63% dei casi continuano a essere rivolti a progetti sociali, percentuale che supera di parecchie lunghezze quelli creativi (23%), mentre quelli imprenditoriali sono confinati a un risicato 14 per cento.
I limiti evidenziati nell’equity crowdfunding sono sempre gli stessi: il modello di business delle piattaforme non è di immediata comprensione; ci sono molti operatori ma non è detto che tutti sopravvivano alla prima selezione. Allo stesso tempo, però, la competitività tra le diverse piattaforme le porta a migliorare.«È un bene che ci siano molti player, ma non esiste abbastanza massa critica perché tutti possano sopravvivere – conclude Castrataro –: parliamo di una platea ridotta, solo 2mila startup innovative (le uniche che possono finanziarsi, a oggi, tramite portali di equity crowdfunding, Ndr) e poca consapevolezza e partecipazione a livello di crowd».
Raffaela Ulgheri
A cura di ETicaNews