7 luglio 2014 – Nei giorni scorsi l’Antitrust ha emesso un nuovo regolamento sul rating di Legalità. Si tratta dell’ennesimo aggiornamento del primo provvedimento risalente all’autunno del 2012. Una serie di aggiustamenti che sono il risultato delle consultazioni avviate con i soggetti coinvolti: sia con le imprese (e l’ultimo regolamento di fatto associa alle regole il formulario per le aziende) sia con le loro controparti. Ossia la pubblica amministrazione e il mondo bancario.
È soprattutto sul fronte delle controparti che il rating di Legalità sta imponendo una svolta etica, la cui portata è passata in un esagerato silenzio. Ancor più esagerato, alla luce del continuo clamore riservato alla mai esausta forza affabulatoria del mondo politico-istituzionale italiano.
In questo caso, infatti, per la prima volta viene premiata in modo concreto l’etica aziendale. È il caso di ripetere il concetto. Con un decreto dello scorso 20 febbraio numero 57 del ministero dell’Economia, viene di fatto imposto alle pubbliche amministrazioni e alle banche di premiare il rating di legalità delle aziende, con l’adozione di procedure specifiche e concrete al momento di concedere finanziamenti e/o aiuti.
Il rating di Legalità, va ricordato, non solo fa riferimento alla “fedina penale” dell’azienda (per quanto questo aspetto sia determinante nel rilascio del rating), bensì si allarga a una serie di comportamenti meritori tra i quali viene espressamente menzionata l’adozione di «processi volti a garantire forme di Corporate Social Responsibility anche attraverso l’adesione a programmi promossi da organizzazioni nazionali o internazionali e l’acquisizione di indici di sostenibilità».
Ebbene, appunto, questi comportamenti adesso verranno riconosciuti e “monetizzati”. Per quanto riguarda le pubbliche amministrazioni, è cruciale l’articolo 3 del decreto del 20 febbraio. In particolare, si chiede che, nella definizione dei bandi, si tenga conto «di almeno uno dei seguenti sistemi di premialità delle imprese in possesso del rating di legalità: a) preferenza in graduatoria; b) attribuzione di punteggio aggiuntivo; c) riserva di quota delle risorse finanziarie allocate».
Per quanto riguarda le banche, gli articoli chiave sono due. Il numero 4, dove si richiede di «definire e formalizzare procedure interne per disciplinare l’utilizzo del rating di legalità e i suoi riflessi su tempi e sui costi delle istruttorie (in entrambi i casi, in senso migliorativo, ndr)». E il numero 6, che di fatto prevede una sorta di comply or explain nel caso non si rispetti l’impegno a favorire i rating di legalità. «Le banche – recita il decreto – trasmettono annualmente alla Banca d’Italia, entro il 30 aprile, una dettagliata relazione sui casi in cui il rating di legalità non ha influito sui tempi e sui costi di istruttoria o sulle condizioni economiche di erogazione, secondo quanto previsto all’articolo 4, illustrandone le ragioni sottostanti. Della suddetta relazione ciascuna banca fornisce adeguata pubblicità attraverso il proprio sito internet».
Occorrerà verificarne gli esiti pratici. Ma, intanto, la svolta etica aziendale è legge dello Stato.
A cura di ETicaNews